Ghislaine, Gérard e Lionel Gauby conducono il domaine, una quarantina di ettari lavorati in biologico dal 1996 e quindi in agrobiologia dal 2001. L’ecologia è un pensiero onnipresente e permanente, con lo scopo di preservare l’ambiente. Le vigne sono lavorate e trattate solamente con prodotti naturali, con piante e con l’acqua piovana recuperata durante l’annata. Quanto alle rese, i suoli calcarei sedimentari a nord e scistosi a sud danno rese naturalmente basse tra i 15 e i 20 hl per ettaro. In cantina si usano lieviti indigeni, senza enzimi aggiunti, senza acidificare e senza aggiungere zuccheri. Un lavoro che dona vini puri, di grande razza e da grande invecchiamento che faranno epoca. “Gauby, è il terroir di Calce portato alla sua quintessenza grazie ad un’agrobiologia perfettamente controllata ma incessantemente in via di perfezionamento. Non si avverte nessun dogmatismo nei principi che guidano Gérard Gauby in vigna, solo una conoscenza dei suoli e della pianta impastata di passione comunicativa. L’azienda è anche e soprattutto una storia di famiglia, e la complicità tra padre e figlio, Lionel, c’entra tantissimo nella riuscita di un’annata come la 2014 che il giovanotto ha investito di tutta la sua sensibilità sull’uva. Progressione confirmata e ampiamente meritata.” – Bettane e Desseauve 2016. “Un produttore che da qualche anno è sulla bocca di tutti i bevitori più esigenti: Gérard Gauby.” – Francesco Falcone, Enogea 48, apr/mag 2013. “… uno stile di vini rossi e bianchi tesi, dinamici, incredibilmente digeribili, che incantano per la loro freschezza e gli apportano numerosi ammiratori. Mai esente da rischi, questa ricerca di spoliazione rivela la quintessenza del territorio variegato di Calce, con in evidenza delle stupefacenti marne nere, sulle quali è piantato il Syrah della Muntada. Attraverso un lavoro instancabile dei suoli e della vigna, le maturità fenoliche arrivano più rapidamente, permettendo un grado alcolico spesso molto moderato. Questi vini bianchi e rossi domandano tre o quattro anni come minimo di bottiglia prima di aprirsi giudiziosamente, ma 10 o 15 anni non spaventano le grandi cuvées – e tutti si presentano meglio dopo un lungo passaggio in caraffa.” – Les meilleurs vins de France 2017.

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